Dal fisco di Contribuzione al fisco di Restituzione


Quando ci si riferisce al passaggio del fisco, dal fisco di contribuzione al fisco di restituzione, si vuole intendere un cambio di paradigma che riguarda il nostro sistema fiscale e le sue modalità di tassazione di determinate qualifiche e attività. 

Quando ci si riferisce al fisco di contribuzione si vuole intendere, la fiscalità tradizionale, ovvero quell’attività svolta dalla pubblica amministrazione di attuare prelievi coattivi di risorse economiche private, quando i cittadini manifestano la loro capacità contributiva attraverso dei presupposti (come la produzione di reddito), la finalità di questo sistema è quello che tutti devono concorrere al finanziamento delle spese pubbliche. Conseguentemente i pilastri di questo sistema sono: 

  • L’obbligo posto in capo al cittadino di contribuire, quando rincorrono i presupposti previsti dalla legge (articolo 53 e 23)
  • Un fisco che è dotato di poteri autoritativi e impositivi nei confronti dei contribuenti, però con la limitazione di dover seguire la volontà della legge e non la sua discrezionalità
  • Un fisco che come già detto trova la sua ratio e la sua finalità nell’adempimento e nella soddisfazione dei bisogni della collettività attraverso l’attività finanziaria pubblica. 

Si tratta di una concezione, almeno a parole, di fiscalità positiva, in quanto tutti a titolo di solidarietà sono chiamati a concorrere solo quando però ne hanno la capacità e in base a questa capacità. 

Tuttavia con la riforma del terzo settore, il compito e le caratteristiche del nostro sistema italiano, sono variate nel rapporto con determinati enti, che per la loro funzione sociale, sussidiaria e solidale, possono essere esentati da questo sistema tradizionale. Tuttavia l’esenzione dalla contribuzione non è mai totale, e non è da vedere come un privilegio ingiustificato, tantoché la stessa giurisprudenza italiana richiede che esenzioni dalla contribuzione siano applicate solo se con una solida giustificazione costituzionale. Infatti gli enti del terzo settore possono accedere a dei favori fiscali, proprio perché sono incarnanti dei principi costituzionali e perché già attraverso lo svolgimento delle loro attività vanno ad adempiere ad interessi collettivi e al perseguimento del bene comune (che di fondo è il motivo per cui un individuo è chiamato a pagare le tasse). 

Conseguentemente il fisco non dona privilegi, ma si sofferma a riconoscere il loro ruolo e la loro funzione, rinunciando ad una parte del gettito fiscale, non prelevandolo, perché riconosce che queste risorse vengono impiegate in attività volte al bene comune. 

Per concludere, il passaggio dal fisco di contribuzione al fisco di restituzione, simboleggia un sistema tributario, che ad oggi, oltre a prelevare risorse per finanziare la spesa pubblica, sceglie consapevolmente di tassare in modo agevolato la ricchezza prodotta da soggetti che già la destinano a finalità di interesse generale.

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